Per superstizione, che è propria di ogni "terrone" che si rispetti (99% stereotipo, 1% verità), decisi di partire lo stesso giorno della visita di routine all'ospedale Niguarda. Pensai che in questo modo, se in ospedale mi avessero chiesto di fare ulteriori accertamenti, avrei avuto una scusa accettabile per non partire più per il mio viaggio.
Il giorno della partenza mi svegliai con un sospetto: quello di aver lasciato il documento d'accettazione della visita nella mia casa a Molfetta, distante 850km da Milano, in un cartone che avevo etichettato a mano "DOCUMENTI". Sospetto che si concretizzò immediatamente, quando fra i documenti del viaggio notai che mancavano quelli che occorrevano per fare la visita in ospedale.
In 5 minuti fui subito pronto per uscire, mandando all'aria il piano organizzato il giorno prima che prevedeva di consegnare al mattino presto le chiavi della casa, ormai vuota, alla proprietaria e lasciare i bagagli nell'ufficio di Milano Centrale.
Immaginai di non avere molto tempo a disposizione, perciò iniziai a correre: arrivai trafelato al Niguarda armato di spirito positivo e pazienza, che è l'unico atteggiamento da avere quando hai a che fare con la sanità pubblica, da paziente o da accompagnatore. Dopo un piccolo rimbalzo fra ambulatorio e uffici amministrativi, ottenni il "pezzo di carta" dimenticato e fui subito chiamato per la visita medica.
Scrutai attentamente il dottore, mentre lui armeggiava sapientemente il suo fibroscopio, alla ricerca di uno sguardo incupito, una smorfia negativa da esperto professionista: sintomo per lui di accertamenti, per me di ansia, futuro incerto e certezza di rimandare la partenza a chissà quando.
Spense l'aggeggio e, togliendosi gli occhiali, accennò un mezzo sorriso compiaciuto impossibile da non notare, dal momento che è il dottore un po' serioso con i pazienti (ma scherzoso con le infermiere): poi disse "Va benissimo, è tutto perfetto!"
Tirai un bel sospiro di sollievo e gli dissi con orgoglio che non aspettavo altro che quelle esatte parole perchè nel tardo pomeriggio, mi aspettava un volo per Cape Town per l'inizio di un viaggio lungo 8 mesi fra Africa meridionale, Africa Est e Asia centrale. Sono sicuro che di cose insolite se ne vedono tante negli ospedali, molte positive e ogni tanto negative; sono altrettanto sicuro che quella mia risposta fu completamente inaspettata e suscitò subito la curiosità di tutto lo staff medico presente. L'infermiera punzecchiò il dottore chiedendomi di potersi unire al viaggio, solo per avere l'opportunità di vivere 8 mesi lontano da lui: il dottore rispose con orgoglio che avrebbe sicuramente sentito la sua mancanza. Un bel clima, come vorrei che fossero le mie visite di controllo: risate e sorrisi.
Mi augurarono tutti il consueto "in bocca al lupo!" e il dottore aggiunse di stare molto attento agli ippopotami! Io risposi con un bel sorriso e con il consueto "crepi!"; poi mi diressi spedito a casa per riconsegnare le chiavi di casa, prendere i bagagli che mi avrebbero accompagnato per questo lungo viaggio e pranzare con il mio vecchio amico Alessandro, che non ero riuscito ancora a salutare prima della partenza perchè in quei giorni nacque il secondogenito Lorenzo :)